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Il Papa: si ricomincia dalla Famiglia
Celebrando la messa a Zagabria, di fronte a un’immensa folla in occasione della giornata delle famiglie croate, Benedetto XVI ieri mattina ha invitato a non ridurre l’amore a «emozione sentimentale» e a «pulsioni istintive», ricordando il valore «unico e insostituibile» della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Il Papa ha ripetuto che la famiglia oggi «deve affrontare difficoltà e minacce» ovunque e quindi «ha particolare bisogno di essere evangelizzata e sostenuta». Bnedetto XVI ha anche lanciato un appello alle famiglie perché siano aperte alla trasmissione della vita e mettando al mondo dei figli: «Non bisogna avere timore di impegnarsi per un’altra persona. Care famiglie, gioite per la paternità e la maternità. L’apertura alla vita è segno di apertura al futuro, di fiducia nel futuro». Il Papa ha anche rinnovato la richiesta di «provvedimenti legislativi che sostengano le famiglie nel compito di generale ed educare i figli». Il diciannovesimo viaggio internazionale di Ratzinger, che con la visita di due giorni in Croazia inaugura la stagione dei viaggi del 2001 – visiterà la Spagna per la GMG in agosto, in settembre tornerà in Germania e in novembre sarà in Benin, per la sua seconda trasferta africana – ha avuto per meta un Paese un tempo cattolicissimo, ma ora soggetto al processo di secolarizzazione. Un Paese che sta per entrare in Europa e aveva bisogno di essere incoraggiato e sostenuto, anche nel prendere coscienza dell’importanza per il futuro delle sue radici cristiane. Ma proprio da Zagabria, da una terra dove il cattolicesimo si fonde con l’identità nazionale e dove non sono mancate esagerate affermazioni nazionaliste, Benedetto XVI ancora una volta ha sorpreso i suoi interlocutori parlando loro del primato della coscienza. Ha riconosciuto, nell’importante discorso tenuto sabato pomeriggio anl Teatro nazionale, l’importanza delle «grandi conquiste dell’età moderna, cioè il riconoscimento e la garanzia della libertà di coscienza, dei diritti umani, della libertà della scienza e, quindi, di una società libera». Conquiste che «sono da confermare e da sviluppare mantenendo però aperte la razionalità e la libertà al loro fondamento trascendente, per evitare che tali conquiste si auto-cancellino, come purtroppo dobbiamo constatare in non pochi casi». La qualità della vita sociale e civile, la qualità della democrazia, ha detto il Papa «dipendono in buona parte da questo punto “critico” che è la coscienza, da come la si intende e da quanto si investe sulla sua formazione». Se la coscienza, «viene ridotta all’ambito del soggettivo, in cui si relegano la religione e la morale, la crisi dell’Occidente non ha rimedio e l’Europa è destinata all’involuzione. Se invece la coscienza viene riscoperta quale luogo dell’ascolto della verità e del bene, luogo della responsabilità davanti a Dio e ai fratelli in umanità – che è la forza contro ogni dittatura – allora c’è speranza per il futuro». Benedetto XVI ha quindi definito proprio la coscienza come «chiave di volta per l’elaborazione culturale e per la costruzione del bene comune». E ha detto che è «nella formazione delle coscienze che la Chiesa offre alla società il suo contributo più proprio e prezioso». Non in primo luogo nelle strategie, nelle grandi battaglie culturali, ma nel paziente, spesso poco conosciuto e riconosciuto lavoro di formazione delle coscienze, nella testimonianza quotidiana, sta dunque il contributo più prezioso che la Chiesa può dare e dà. Sia in quei Paesi che rivendicano con orgoglio la loro identità cristiana, sia in quei Paesi dove la secolarizzazione è più avanzata.