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Giubileo dei GIovani

È il 2 agosto 2025. Il risveglio, poco dopo l’alba, è uno di quelli che porta con sé la sensazione che oggi la storia si stia fermando per cambiare la sua direzione. Nessuno di noi sarà domani com’è stato fino a ieri, lo sappiamo. Ci mettiamo in cammino, lo zaino sulle spalle riempito di ciò che basta per sopravvivere due giorni e una notte, e chissà se c’è tutto, se c’è troppo e se basterà davvero. Al primo chilometro siamo in 350. Al secondo in 5 mila. Dopo poco più di 15 mila passi siamo più di un milione, ma ancora non ce ne rendiamo conto. Siamo ancora troppo concentrati a non perdere di vista un volto amico per non perderci nella ressa e a cercare il posto migliore nell’immensa spianata di Tor Vergata. Ci accampiamo e proviamo a riposare mentre il sole, silenzioso, tenta di scottarci. Il mondo continua a radunarsi tutto in un solo punto: il verde del prato è stato rimpiazzato dai colori delle bandiere di ogni nazione e c’è un unico vento che soffia risuonando di musica e parole in ogni lingua. Quelli là in fondo ballano e cantano in cerchio senza sosta da ore, qualcuno gioca, c’è chi ne approfitta per aprirsi con un amico vecchio o nuovo, qualcun altro si confessa, un po’ tutti ci muoviamo tra i diversi settori per collezionare oggetti e volti di altre culture. Non abbiamo mai visto una cosa del genere. Nel frattempo il cielo si sta rivestendo delle tonalità del tramonto e si intravede, sempre più basso, un elicottero bianco. Un boato e una corsa sfrenata di giovani da una parte all’altra di ogni area accolgono l’arrivo di Papa Leone che, solcando con la papamobile i sentieri polverosi della spianata, ci saluta sorridendo e con gli occhi carichi di emozione. Comincia la veglia di preghiera. Il sole si è spento e resta accesa l’unica luce che splende per sempre: Gesù Cristo. Davanti al Santissimo un milione di cuori fa il silenzio di uno solo che prega in una chiesa vuota. In questo silenzio ognuno sa che c’è quella Parola che è soltanto per sé.
E ritornano, vivi, nella mente e negli occhi, i giorni vissuti prima di questo: tutti i passi, le parole, i gesti cominciano a cucirsi in un'unica trama. "Andate e siate luce. Non fate rumore ma lasciate segni. Non cercate successo, ma verità. Andate con la forza del Vangelo e tornate con uno sguardo nuovo!” ci avevano detto l’Ispettore don Gianpaolo Roma e l’Ispettrice suor Ivana Milesi, quando noi 350 giovani del MGS del Sud Italia ci siamo ritrovati a Napoli per la prima Celebrazione del nostro pellegrinaggio. E poi Assisi e le sue storie di fede e santità, San Francesco, Santa Chiara, Carlo Acutis. Siamo stati lì per liberare il cuore e fissare lo sguardo su ciò che conta davvero. "Tante volte siamo distolti, come Marta; non sappiamo perché ci troviamo dove siamo, viviamo in disordine, viviamo stanchi ma senza ascoltare la nostra stanchezza e ci arrabbiamo con Dio. Maria, invece, ha scelto, perché sa che è degna della parte migliore, sa che si sta nutrendo di qualcosa, di Qualcuno, che sazia”: così don Giuseppe Russo ci invitava a mettere in ordine le priorità della nostra vita riconciliandoci, seriamente, con il Signore. Arrivati a Roma ci siamo uniti al Movimento Giovanile Salesiano mondiale: eravamo in 5 mila a cantare, ballare, a pregare per la pace, consegnando a Gesù Eucarestia le nostre paure. "Di solito pensiamo che per incontrare Gesù dobbiamo fare tutto noi; invece è Lui che può fare tutto in voi, a condizione che vi lasciate incontrare da Lui” ci hanno ricordato il Rettor Maggiore dei Salesiani e la Madre Generale delle FMA. Come MGS Italia abbiamo poi vissuto un momento di catechesi guidato da don Enrico Ponte, che immaginava di dialogare con don Bosco presentandogli le storie di tre ragazzi dell’oratorio che vivono relazioni poco sane, il peso delle aspettative, la solitudine del carcere e allo stesso tempo il forte desiderio di dare una svolta decisiva alla propria vita. "Trasgredite! Trovando nell’oratorio il coraggio di uscire da voi stessi e gustando la bellezza di fare fatica. Rischiate! Osando nella preghiera e andando a caccia di anime. Sperate! Formando la vostra coscienza, vivendo il Vangelo e stando dalla parte dei poveri” ci esortava don Enrico. E l’altro pomeriggio, quando siamo stati accolti dall’abbraccio di piazza San Pietro, 70 mila giovani italiani, per fare la nostra professione di fede, insieme al cardinale Zuppi: "Credo Signore e non ho più paura della vita, non la tengo per me, non cerco una misura limitata perché il tuo amore è forza e la vita è sempre benedetta. Le nostre comunità diventino case di pace, piccole ma mai mediocri, grandi perché umili, libere perché legate dall’amore, capaci di lavorare gli uni per gli altri e di pensarsi insieme”. Tutto questo l’abbiamo vissuto per prepararci all’evento culminante del Giubileo, il passaggio della Porta Santa, nella basilica di San Paolo Fuori le Mura: fare il passo per varcare la soglia significava entrare in Dio, significava che da quel momento in poi la propria vita non avrebbe più potuto essere più uguale a quella di prima, perché era stata riconciliata e rinnovata in Dio.
Ecco, questo ci portiamo dentro mentre stiamo qui in ginocchio a guardare Gesù per lasciarci guardare da Lui. E, oltre a questo, ognuno di noi porta la sua storia, le gioie vissute e quelle che vorrebbe vivere, le ferite che proprio non riescono a chiudersi, le relazioni di un tempo e quelle di adesso, quel desiderio che diventerebbe pure una scelta importante se solo non ci fosse la paura a soffocarlo. Le parole di Papa Leone arrivano dritte al punto come quelle di un padre che sa leggere a fondo il cuore del proprio figlio: "Cari giovani, avete detto bene: scegliere significa anche rinunciare ad altro, e questo a volte ci blocca. Per essere liberi, occorre partire dal fondamento stabile, dalla roccia che sostiene i nostri passi. (…) Il coraggio per scegliere viene dall’amore, che Dio ci manifesta in Cristo. È Lui che ci ha amato con tutto sé stesso, salvando il mondo e mostrandoci così che il dono della vita è la via per realizzare la nostra persona. (…) Trovate il coraggio di fare le scelte difficili e dire a Gesù: Tu sei la mia vita, Signore. (…) Aspirate a cose grandi, alla santità, ovunque siate. Non accontentatevi di meno. Allora vedrete crescere ogni giorno, in voi e attorno a voi, la luce del Vangelo.”
La Veglia è finita. La notte sembra non voler cominciare mai. Niente riesce a fermare la gioia e l’entusiasmo di questa metropoli improvvisata. Sembra di vivere qui da sempre. Passa ancora qualche ora e la stanchezza un po’ si fa sentire. A poco a poco prendiamo posto sui nostri letti improvvisati, fatti di telo, sacco a pelo e terra mista a paglia. Gli occhi si sono chiusi già da un po’ quando la pioggia cade dal cielo e ci sorprende senza possibilità di riparo. Stiamo sognando o sta succedendo davvero?
È il 2 settembre 2025. È passato un mese da quel giorno e da quella notte. I ricordi sono così presenti che sembra di poterli toccare ancora: i volti, i luoghi, i sorrisi, le parole hanno lasciato un segno così profondo. La storia ha ripreso il suo ritmo e noi siamo ritornati ognuno al proprio posto. Ancora dobbiamo rimettere a posto un po’ di cose, dentro e fuori di noi, ma l’orizzonte che si apre davanti a noi è sicuramente più schiarito. Il cammino continua, nel cuore di ciascuno e nelle nostre realtà, con lo sguardo rivolto a ciò che conta davvero, con la certezza che la Luce che abbiamo incontrato in quei giorni difficilmente si spegnerà. Soprattutto se saremo capaci di donarne un pò a quelli che intorno a noi e in noi la stanno cercando!
Antonio Ruoti
Coordinatore Territoriale MGS