IL DIGIUNO (6) - QUARESIMA IN RUBRICHE

venerdì 7 aprile 2017
IL DIGIUNO (6) - QUARESIMA IN RUBRICHE

QUARESIMA IN RUBRICHE 

- il digiuno -

Venerdi 7 Aprile 2017

 

 

Un'altra indicazione sul senso e l'utilità del digiuno così come inteso dalla Bibbia si trova in un episodio degli Atti degli Apostoli. 

Atti 13,1-3?1 C'erano nella Chiesa di Antiochia profeti e maestri: Barnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d'infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo.?2 Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: "Riservate per me Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati". 3 Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono.

La comunità non solo è riunita in preghiera, ma sta anche digiunando, cioè come abbiamo visto in precedenza si mette in una condizione di maggiore disponibilità per lasciare spazio – attraverso il vuoto creato dalla privazione del cibo – al risuonare della parola di Dio. E in effetti un appello inatteso si fa strada: riservare alcuni per una missione speciale. La centralità della preghiera e del digiuno è ancor più sottolineata dalla seconda menzione: prima di congedare Barnaba e Saulo, i due prescelti, la comunità prega e digiuna ancora una volta per prepararsi a vivere questa missione.

 

È un modo di procedere che mette in questione il nostro per due aspetti.

 

Il primo riguarda come progettiamo, organizziamo e svolgiamo la nostra missione nel mondo. La razionalità scientifica ci insegna a organizzare il lavoro in modo da renderlo efficace ed efficiente in vista di un obiettivo da conseguire. La domanda principale da questo punto di vista è se ci sono i mezzi materiali necessari a portare a termine un progetto. Inoltre, il criterio ultimo per decidere è quasi sempre la convenienza economica. La prima comunità cristiana di Antiochia, invece, innanzitutto prega e digiuna: paradossalmente, prende distanza proprio da quei beni materiali necessari a sostenere la missione. Certo non saranno mancati i preparativi di natura pratica per equipaggiare i due inviati di quanto avevano bisogno, ma il racconto non fa riferimento a una programmazione accurata, che include anche il procurarsi i mezzi materiali e finanziari necessari, bensì al privarsi del cibo come pratica che radica sempre di più nella disponibilità verso la missione. La priorità, infatti, è data al "capitale umano": è più importante scegliere le persone adeguate per quel dato compito che disporre degli strumenti.

 

Il secondo aspetto è collegato a questo. Una comunità già ben organizzata –ci sono profeti e maestri – è chiamata a non tenere per sé i suoi uomini migliori, ma a inviarli in altri luoghi dove c'è più bisogno. Da parte loro, Barnaba e Saulo rinunciano al ruolo che potrebbero svolgere ad Antiochia, dove sono conosciuti e apprezzati, per recarsi in altre città dove dovranno iniziare da capo. In questo senso il digiuno significa per i singoli saper rinunciare al proprio interesse in vista del bene comune; per l'istituzione gestire al meglio le risorse, in particolare quelle umane, affidando gli incarichi più delicati agli uomini migliori; per le comunità locali sostenerne l'azione con i mezzi materiali, spirituali e culturali liberati astenendosi dall'usarli solo per sé, in modo autoreferenziale.

 

Del resto, non è stato proprio questo il modo di procedere di Gesù nella sua missione? Infatti, narrando questo episodio negli Atti degli Apostoli, Luca istituisce un parallelo fra l'azione comunitaria dei primi cristiani di Antiochia e i 40 giorni trascorsi da Gesù nel deserto, vissuti nella preghiera e nel digiuno (cfr Luca 4,1-13). E questa la via attraverso cui Gesù si svuota per poter accogliere appieno la missione affidatagli dal Padre. Le tentazioni vanno proprio contro questa logica di svuotamento, prospettando, invece, un modo diverso di vivere.

 

Luca presenta un crescendo che va dalla trasformazione delle pietre in pane alla prospettiva dell'esercizio di un potere immenso, per finire col mettere alla prova la fiducia in Dio. Un filo rosso percorre le tre tentazioni: interrompere la relazione che intercorre tra Gesù e il Padre spostando l'attenzione su altri beni, come il cibo o il potere. Il digiuno previene questo rischio, perché fa sperimentare una condizione fisica di bisogno che espone all'ansia di procurarsi da sé quanto occorre a soddisfarlo, ma proprio per questo smaschera la logica dell'esercizio autoreferenziale del potere, il cui risultato è sempre il dominio e la riduzione in schiavitù dell'altro.

 

A partire dall'esperienza del deserto, si capisce perché Gesù invita i suoi discepoli a praticare il digiuno, la preghiera e l'elemosina in modo sobrio, non cercando il consenso della gente, ma l'intimità col «Padre tuo, che è nel segreto» (Matteo 6,18). Tali pratiche religiose, infatti, perdono il loro senso e la loro efficacia se le si adotta a livello personale per averne un qualche tornaconto per sé o come gruppo – vedi i farisei criticati da Gesù – per marcare la propria identità e differenza. Restano esemplari, da questo punto di vista, i digiuni per la pace, come quello chiesto qualche tempo fa da papa Francesco per la Siria.

 

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