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Rivestiti di Cristo
L’Avvento non è solo un tempo liturgico che prepara al Natale, ma un modo di abitare la vita. È il tempo che educa ad attendere, a riconoscere che la storia non è un susseguirsi di istanti vuoti, ma il luogo in cui Dio opera e chiama. Per la vita religiosa, e in particolare per la vocazione salesiana, l’Avvento diventa un paradigma: una lente attraverso cui leggere il presente senza nostalgia del passato, né fuga nel futuro.
San Paolo invita a vivere "consapevoli del momento": non semplicemente nel tempo che passa, ma nel kairòs, il tempo favorevole di Dio. Questo tempo, con le sue fatiche e fragilità, è quello in cui il Signore ci ha voluti e chiamati. È qui che si gioca la nostra santità. L’Avvento ci educa a restare nel presente, a non subire il tempo ma a lasciarci plasmare da esso, riconoscendo che la grazia accade ora.
Vivere il presente, però, non significa chiudersi nel "qui e ora". La vita religiosa è segnata da un’attesa più grande: «la notte è avanzata, il giorno è vicino». Siamo chiamati a testimoniare che la vita non si esaurisce nei risultati, nei numeri o nei successi pastorali. Tutto questo è importante, ma non è il compimento. Il "giorno" che attendiamo è Cristo stesso, il suo Regno, la comunione piena con Lui. L’Avvento riaccende questa tensione verso l’oltre e ci aiuta a rialzare lo sguardo.
In questo cammino Paolo usa un’immagine forte: «Rivestitevi del Signore Gesù Cristo». Rivestirsi non significa indossare una giacchetta spirituale o un ruolo, ma lasciarsi trasformare interiormente. Le vere "opere di tenebra" nella vita religiosa non sono solo i grandi peccati evidenti, ma atteggiamenti sottili che logorano: rancori, mormorazioni, gelosie, competizioni, rassegnazione. Rivestirsi di Cristo vuol dire gettare via ciò che oscura e scegliere ogni giorno le armi della luce: pazienza, mitezza, perdono, verità vissuta nella carità.
Cristo è il tessuto prezioso che restituisce dignità. Come un abito buono rialza la postura di chi lo indossa, così il Vangelo non umilia ma solleva, non cancella le ferite ma le trasfigura. Rivestirsi di Cristo significa permettergli di fasciare le nostre fragilità personali, comunitarie e pastorali, rendendo più umana la vita fraterna e più calda la nostra presenza tra i giovani.
In questo orizzonte emerge la figura di Maria. Dopo il suo "sì" all’Annunciazione, l’angelo si allontana e inizia il tempo del silenzio e della fedeltà quotidiana. La tradizione orientale, che custodisce tanta saggezza spirituale, ci regala un’icona dell’Annunciazione bellissima, un’immagine che vale la pena meditare lungamente: Maria che accoglie l’Annuncio con un fuso in mano e un filo rosso. Non la vediamo stupita e assorta in chissà quali pensieri mistici. La vediamo come una donna che lavora, che nel suo grembo tesse il Verbo, che lavora la carne del Figlio di Dio come una tessitrice lavora il filo sul telaio. Il filo è rosso non è un colore casuale, è il colore del sangue di Cristo, quello che viene versato per la salvezza. Questa immagine risulta profondamente salesiana. Ci richiama don Bosco sarto, il giovane Giovanni che a Chieri impara a rammendare e fare orli, ci riporta a don Bosco che assieme a Mamma Margherita con le sue mani cuce abiti per i ragazzi poveri che non li hanno, che si sporca di colla, di forbici, di pezzetti di stoffa. Ci richiama Domenico Savio, quel ragazzo che fece di ogni giorno, di ogni azione, di ogni scelta piccola, un abito per il Signore. Ci richiama il cuore del nostro accompagnamento educativo: non fare cose in serie, non educare "a catena di montaggio", ma aiutare ogni ragazzo, ogni ragazza, a realizzare il proprio abito, con il proprio filo, con i propri colori, con la propria storia, perché ogni vita è unica e irripetibile.
Anche per noi la preghiera diventa è il luogo in cui anche impariamo a tessere: lì portiamo le trame strappate della nostra storia e lasciamo che Cristo le ricomponga. L’interiorità è il laboratorio in cui la vita ritrova unità e senso, uno spazio di sospensione che non ci allontana dalla realtà ma la rende abitabile.
Se l’interiorità è laboratorio sartoriale, allora la Comunità è un tessuto più grande che ne esce fuori. Non è semplicemente la somma di fili individuali, ognuno con la sua lunghezza, il suo colore, la sua resistenza. Una Comunità è un intreccio. In un mondo segnato da lacerazioni e polarizzazioni, la vocazione salesiana è quella di essere tessitori di umanità nuova: nella Comunità religiosa, tra i giovani, con le famiglie, con chi è lontano. Questo è possibile solo lasciandoci prima tessere da Dio.
Che questo Avvento ci trovi un po’ meno stanchi e un po’ più rivestiti di Cristo, capaci di riprendere ago e filo e di ricordare, insieme, che il giorno è vicino.
(tratto dalla Lectio "Rivestiti di Cristo" dell'Ispettore don Gianapaolo Roma
per i Ritiri di Avvento dei confratelli dell'Ispettoria Salesiana Meridionale)

