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STORIE DI ANIME n.1
Pensa alla tua anima come al motore del tuo essere e delle tue scelte, un motore che si alimenta di vita e che genera vita. Pensa al tuo cuore che batte con un ritmo tutto suo, ritmo dettato dalle tue passioni, da ciò che ti emoziona, da ciò che ti fa sentire vivo. La vita è al centro di tutto e tu giovane di Don Bosco hai l’opportunità di generarne altra, nuova, bella e gioiosa. Da cosa o da chi fai alimentare il serbatoio della tua anima? Per quale ragione o per Chi il tuo cuore “parte” e batte forte? Qualche esempio di vita proviamo a raccontarvelo noi, in occasione dell’Ottobre missionario 2019, con la rubrica mensile “Storie di anime”; uno spazio dedicato alle vite di persone ordinarie, “con gli occhi e le mani di Dio”, che hanno percorso giorno per giorno, con coraggio e sacrificio, la strada per la santità. Con queste storie vorremmo proporvi l’invito del nostro caro Rettor Maggiore: sii Santo anche tu, nella tua straordinaria quotidianità! Per esserlo non serve molto. Una ricetta può essere quella di conoscere, pregare e imitare le anime che presenteremo in questo percorso. Per ora non possiamo fare altro che lasciarci ispirare da questi modelli di santità per provare a dare una risposta alla domanda più importante: Tu, per chi vivi?
Buona lettura
«Signore, la mia croce io non desidero che sia né leggera né pesante, ma come vuoi Tu. Solo ti chiedo di poterla portare volentieri» Callisto Caravario
Andiamo allora alla scoperta di due pilastri della santità missionaria salesiana. Luigi Versiglia e Callisto Caravario. Le loro vite s’intrecciano, si contaminano di quell’amore che li spingeva a evangelizzare i fratelli più poveri di terre straniere. Erano entrambi armati di un Amore che ha fatto si che non perdessero mai il sorriso.
Iniziamo da Luigi (nato nel 1873). Lui è uno dei fortunati che ha incontrato don Bosco di persona, nel 1887. Sicuramente è proprio questo, breve ma intenso, incontro che lascia nel cuore del giovane Luigi la domanda “per chi sono?” nel suo cuore. Quando si conobbero, don Bosco gli disse: «Vieni a trovarmi ho qualcosa da dirti», ma don Bosco non poté più parlare con Luigi perché si ammalò e morì. Poche ma incisive parole, tanto che solo due anni dopo, fece i suoi primi voti per entrare nella congregazione salesiana. Furono gli anni della formazione a far nascere dentro di lui l’ideale da missionario. Fu uno studente modello tanto che appena diventato sacerdote nel 1895, a soli 22, lo fecero maestro dei novizi nella casa di Genzano. Aveva qualcosa da comunicare ai suoi fratelli poco più piccoli di lui come un vero e proprio animatore con i ragazzi che gli sono affidati.
L’aspirazione di Luigi rimaneva quella di portare Cristo ai popoli più lontani e nel suo cuore continuava ad alimentarsi l’idea di farsi missionario. Nel 1906 i superiori credettero che era pronto per partire per la Cina, paese all’oscuro della Parola, e fu cosi capogruppo della spedizione. Con coraggio e fede indomita parti per la nazione cinese.
Vive nella missione di Macao per 12 anni. In questi anni il Vescovo Versiglia riuscì a compiere prodigi in una terra del tutto nemica dei cattolici: istituì 55 stazioni missionarie primarie e secondarie rispetto alle 18 trovate; ordinò 21 sacerdoti, due religiosi laici, 15 suore del luogo e 10 straniere. La missione di Macao ospitava innumerevoli bambini e ragazzi orfani. Dalla gente del posto era soprannominato “Padre degli orfani”.
Luigi manteneva rapporti epistolari con le suore carmelitane e in una sua lettera scriveva: «… solleviamo in alto i nostri cuori, dimentichiamo di più noi stessi e parliamo di più di Dio, del modo di servirlo di più, di consolarlo di più, del bisogno e del modo di guadagnargli delle anime. Voi, Sorelle, potrete più facilmente parlare a noi delle finezze dell’amore di Gesù, noi forse potremo parlare a voi della miseria di tante anime, che vivono lontano da Dio e della necessità di condurle a Lui; noi ci sentiremo elevati all’amore a Dio, voi vi sentirete maggiormente spinte allo zelo».
Nel 1921, ritornando in Italia, mons. Versiglia incontro un giovane novizio, Callisto Caravario, il quale gli disse: "Io, la raggiungerò presto in Cina, insieme faremo conoscere la luce di Cristo". Il giovane mantenne la parola e partì due anni dopo. Era animato da una carità che ardeva sempre di più dentro di lui che partì missionario non ancora ordinato sacerdote. Lo diventò nel 1929, ordinato proprio da mons. Versiglia. Nella corrispondenza con la madre scrisse: «Oramai il tuo Callisto non è più tuo, deve essere completamente del Signore, dedicato completamente al suo servizio! […] Sarà breve o lungo il mio sacerdozio? Non lo so, l’importante è che io faccia bene e che presentandomi al Signore io possa dire d’aver, col suo aiuto, fatto fruttare le grazie che Egli mi ha dato».
Luigi Versiglia, primo salesiano martire con Callisto Caravario, muore in Cina il 25 febbraio 1930, nel distretto di Lin Chow insieme a due maestri, due catechiste e un'allieva, in un tratto isolato del fiume, assaliti dai pirati comunisti.
Nel 1885 san Giovanni Bosco aveva rivelato ai Salesiani riuniti a San Benigno Canavese, in Piemonte, di aver sognato una turba di ragazzi che gli erano andati incontro dicendogli: «Ti abbiamo aspettato tanto» e in un altro sogno vide alzarsi verso il cielo due grandi calici, l’uno ripieno di sudore e l’altro di sangue. Quando nel 1918 il gruppo di missionari Salesiani partì da Valdocco, in Torino, alla volta di Schiu-Chow nel Kwang-tung in Cina, il Rettor Maggiore dell’ordine, don Paolo Albera, donò loro il calice con il quale aveva celebrato le sue nozze d’oro di consacrazione ed i 50 anni del Santuario di Maria Ausiliatrice. Il prezioso e simbolico dono venne consegnato da don Sante Garelli a monsignor Versiglia, il quale dichiarò: «Don Bosco vide che quando in Cina un calice si sarebbe riempito di sangue, l’Opera Salesiana si sarebbe meravigliosamente diffusa in mezzo a questo popolo immenso. Tu mi porti il calice visto dal Padre: a me il riempirlo di sangue per l’adempimento della visione».