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Primo weekend della scuola di mondialità
Lo scorso weekend ha avuto inizio il corso di scuola di mondialità, la prima tappa è stata a Torre Annunziata. Lì siamo stati accolti sabato pomeriggio e appena arrivati, abbiamo conosciuto la nuova equipe dell'animazione missionaria che sin da subito ci ha dato "carta bianca" -nel vero senso della parola- infatti, la prima cosa che abbiamo fatto è stata scrivere, disegnare, dare forma alle principali motivazioni, aspettative per cui abbiamo deciso di intraprendere questo percorso. Le domande hanno scavato a fondo in ciascuno di noi e ci hanno aiutato a conoscerci, scoprendo qualcosa che ci accomunava: la curiosità, il desiderio guardare oltre, un sogno... A seguire, don Luca ci ha presentato le caratteristiche del volontario missionario salesiano: giovane, fa ciò che fa non per soldi, ma liberamente, è mosso dalla fede e vive secondo lo stile di don Bosco. Non fa cose straordinarie, ma cose ordinarie in modo straordinario. Non cerca qualcosa in più da aggiungere al suo curriculum, ma semplicemente si dona per quello che è, con gioia e gratuità. Il volontario accoglie dentro di sé l'amore dissetante di Dio, è capace di donare un amore così traboccante, senza disperdere ciò che a sua volta riceve: siamo noi a scegliere se accogliere l'acqua o rimanerne privi. Dio è sempre lì, ha sempre acqua da riversare e non la rifiuta a nessuno, come ci avrebbe spiegato don Giuseppe la mattina seguente. Dopo aver gustato la cena, abbiamo trascorso la serata giocando e scambiandoci le prime impressioni su ciò che stavamo vivendo: per molti era la prima volta, altri già conoscevano l'ambiente, altri ancora sono ritornati dopo un po' di tempo, ma tutti eravamo lì non per caso. Chi cammina per caso, non si accorge di cosa gli accade intorno; chi è in viaggio, invece, si fa prossimo dell'altro, ha compassione, si prende cura. È questo che fa la differenza: essere prossimi di qualcun altro, non fare una scelta sul proprio prossimo, ma essere prossimi di chiunque ci stia attorno. Questo è ciò a cui ci ha invitato il Signore durante l'adorazione, ci ha esortato ad andare, a metterci in viaggio, a "farci prossimo" degli altri. A concludere la prima giornata c'è stata la buonanotte di don Odise e don Don, salesiani missionari che ci hanno raccontato la loro esperienza di vita e che ci hanno offerto diversi spunti sulla vocazione missionaria. La domenica mattina, dopo una colazione rigenerante, abbiamo dedicato del tempo alla riflessione personale prima di vivere il momento della Messa con la comunità di Torre. Successivamente abbiamo incontrato alcuni giovani che con la loro vita testimoniano chi è il volontario salesiano. Rosario, che per molti anni si è messo al servizio in oratorio, crescendo, ha trovato il suo posto, la sua vocazione nella casa-famiglia di torre, dove vengono accolti minori in un contesto che diventa per loro una casa e una famiglia a tutti gli effetti. Proprio di famiglia è stato Alamin a parlarci, un giovane proveniente dal Bangladesh che è arrivato qui in Italia a diciassette anni. Ora ha ventitré anni ed è un pizzaiolo, insegna ai ragazzi della casa-famiglia - dove anche lui è stato - a preparare la pizza ed è sempre pronto a collaborare con la realtà salesiana di Torre Annunziata, e in particolare nel progetto "Pizzoratorio", inaugurato pochi giorni fa per offrire ai ragazzi un'occasione di riscatto e la possibilità di mettersi in gioco, con le "mani in pasta". Per Anna l'oratorio salesiano è stato una novità: questa realtà non apparteneva alla sua vita, ma da quando lavora al centro diurno, si dedica con passione ai minori che si trovano in situazioni particolari, in un luogo in cui "l'educazione è cosa di cuore". Dopo aver ascoltato le loro esperienze, abbiamo visto come il volontariato è per natura spontaneo, non è un distintivo, un titolo, ma uno stile di vita, una vocazione. A casa ciascuno di noi si porta un bel ricordo di questa esperienza, un'ottima pizza offerta e preparata dai ragazzi e probabilmente, come il primo giorno siamo stati invitati a rispondere a delle domande, anche tornando a casa ce ne portiamo una: " e noi cosa siamo chiamati a fare?"