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Don Chávez e il viaggio del Papa in Messico.
"Purtroppo non ritornerò nel mio Paese in occasione della visita del Papa. I miei impegni non me lo permettono. Viaggerò con la mente e il cuore al mio México lindo y querido...". È una "guida" d'eccezione quella che ci accompagna in questa intervista a conoscere da vicino le mete del prossimo viaggio apostolico di Benedetto XVI in Messico e a Cuba (dal 23 al 29 marzo): don Pascual Chávez Villanueva è il nono successore di San Giovanni Bosco, rettore maggiore della Congregazione salesiana presente in 132 Paesi del mondo. Nato a Real de Catorce - città nella parte centrosettentrionale della Repubblica federale messicana posta a 2.700 metri di altitudine e scenario, per la sua bellezza, del film di Gabriele Salvatores "Puerto Escondido" - don Chávez è stato anche consigliere per la regione Interamerica, incarico che gli ha permesso di visitare più volte Cuba, risiedendovi anche per alcuni mesi. "Sarà una visita pastorale e come tale il Papa avrà come primi interlocutori la Chiesa messicana e cubana e i fedeli in generale - spiega il sacerdote -. Ma conoscendo la capacità del Santo Padre di calare i suoi interventi nel contesto storico e sociale, sono convinto che la sua presenza e la sua parola aiuteranno a illuminare le menti e a riscaldare i cuori sui problemi attuali".
Quale Messico troverà Benedetto XVI?
"Il 1° luglio ci saranno le elezioni del presidente della Repubblica, quindi è inevitabile che il Paese sia surriscaldato dall'atmosfera politica. A questo si aggiunge la determinazione con cui l'attuale presidente Felipe Calderon combatte i cartelli della droga, sempre in lotta tra loro per il controllo delle zone di traffico di stupefacenti e scandalosamente riforniti di armi provenienti dagli Stati Uniti. Una guerra che ha scatenato una violenza mai vista fino ad ora in Messico, con più di 60 mila morti in sei anni".
Per quanto riguarda la situazione economica?
"L'economia del Messico è la più forte di tutta l'America Latina, dopo quella del Brasile. Ma stiamo parlando di macroeconomia, che non influisce sul benessere e sulla qualità della vita di tutti gli strati della popolazione. Esiste un grande divario tra l'uomo più ricco del mondo Carlos Slim (il magnate delle telecomunicazioni con un patrimonio di 68,5 miliardi di dollari, ndr) e milioni di persone che ancora vivono sotto la soglia di povertà".
Dicono le statistiche: ogni 100 messicani - che in totale sono più di 108 milioni - 92 sono cattolici. I ragazzi che studiano nei seminari maggiori sono 6.500. Quello di Guadalajara è il più grande del mondo con 900 studenti. Una fede che si mantiene ancora viva...
"La popolazione continua ad essere profondamente religiosa, di una fede fortemente caratterizzata in senso popolare (si dice infatti che il 90% dei messicani è cattolico, ma il cento per cento è 'guadalupiano', tanto è sentita la devozione alla Nostra Signora di Guadalupe, ndr). Ma al di là di questo è molto vivo l'impegno come Chiesa in importanti esperienze per una nuova evangelizzazione, attraverso, per esempio, una nuova immagine di parrocchia. In generale man mano che la popolazione cresce in sensibilità civica, si sviluppano gruppi, tra questi quelli cattolici, che vanno esprimendo vari interessi, ma ciascuno dei quali dovrebbe contribuire allo sviluppo della società come tale e lavorare perché siano garantiti il rispetto dei diritti fondamentali e l'affermazione dello Stato di diritto".
Veniamo a Cuba: non si può fare a meno di ricordare la storica visita di Giovanni Paolo II nel 1998...
"Il viaggio apostolico di Benedetto XVI ha un significato differente rispetto a quello del suo predecessore. Quattordici anni fa il Papa veniva a infondere speranza a una Chiesa che nel 1986 aveva celebrato il primo 'Encuentro nacional eclesial' cubano, e per la prima volta si era azzardata a parlare, dando voce a un intero popolo. Nell'augurio di tutti quel viaggio doveva portare il frutto della libertà religiosa".
Questo è avvenuto?
"Oggi a Cuba si può liberamente professare la propria fede, ma l'azione della Chiesa è confinata al culto, alla catechesi e all'evangelizzazione: c'è poco spazio per essa nel campo dell'educazione, della cultura, della sanità... È nella speranza di tutti che la visita di Benedetto XVI dia un'ulteriore spinta in questo senso e nel rispetto in generale dei diritti umani, che come sappiamo oltre a essere universali, sono anche integrali: non se ne possono accettare alcuni, come la libertà religiosa, e negare altri. La recente notizia dell'arresto di 30 dissidenti mentre partecipavano alla marcia delle 'damas in blanco', madri e mogli di prigionieri politici, è la dimostrazione che a Cuba c'è ancora molta strada da fare...".
a cura di Elena Zuppini
("Verona Fedele", settimanale della diocesi di Verona)