Rise Up a Nisida

venerdì 23 febbraio 2024
Rise Up a Nisida

Descrivere l'ultimo weekend di Rise Up, tenutosi a Napoli lo scorso fine settimana, non è un compito semplice. Nel difficile compito di comunicare al meglio le esperienze vissute, ho scelto alcune parole che hanno segnato i momenti cruciali e che ancora risuonano nelle orecchie e nei cuori di tutti noi presenti.

Cura e Relazioni: le parole più toccanti, pronunciate dal direttore dell’IPM di Nisida, il dott. Gianluca Guida, e dal cappellano, don Fabio De Luca, risuonano nel ricordo del sabato pomeriggio in cui siamo giunti alle porte dell’Istituto Penale Minorile di Nisida.

Abbiamo deciso di salire all'Istituto a piedi, così come tutte le madri e i familiari dei ragazzi che vi abitano. Questo perché non tutti i mezzi possono arrivare fino ai cancelli della struttura penitenziaria, obbligando così i familiari a percorrere la salita per incontrare i loro cari. Fino al primo tornante, eravamo tutti intenti a catturare con i nostri telefoni la bellezza del momento che ci avvolgeva. Tuttavia, all'aumentare dei tornanti, cresceva in noi il desiderio di conoscere i ragazzi che avremmo presto incontrato.

Il direttore e il cappellano dopo alcune riflessioni iniziali, ci hanno affidato la conduzione dell'incontro, incoraggiandoci a porre domande e a esprimere ogni dubbio e curiosità riguardo al luogo, al loro lavoro e ai ragazzi. "Cura" e "relazioni" sono stati i concetti più ricorrenti. La loro missione quotidiana consiste, infatti, proprio nel creare relazioni umane e costruttive con i ragazzi accolti e con il personale dell'istituto, dedicandosi, nonostante le sfide e le incertezze, alla cura dei ragazzi che arrivano in struttura per vari motivi. Il loro impegno va oltre il semplice lavoro, è una vera e propria missione.

Speranza: la forza unificante tra i due incontri avvenuti. Il primo, riservato esclusivamente al direttore e al cappellano, e il secondo, in cui si sono aggiunti quattro ragazzi dell’IPM che al momento sperimentano una forma di libertà limitata, ovvero con la possibilità di partecipare ad attività al di fuori della struttura.
Bellezza: il termine più utilizzato dai quattro ragazzi per indicare cosa aveva reso la loro permanenza in Istituto più sopportabile. “La bellezza di questo luogo.” E così, mentre dipingevano la loro quotidianità e rispondevano timidamente alle nostre domande, anche noi ci siamo trovati incantati nell'osservare lo spettacolo che il mondo offriva fuori. Il tramonto.
Prima che la notte calasse, siamo tornati all'Istituto Salesiano del Vomero per proseguire le nostre attività: un breve momento di riflessione sulle possibilità future e le speranze dei ragazzi che hanno vissuto in un IPM, seguito da una cena condivisa e da giochi di alleanze tra popoli. Poi, eccoci di nuovo riuniti per la nostra adorazione.

Emozioni: quelle vissute in un'ora trascorsa da soli davanti al Signore, aiutati da due strumenti, testi da cui partire per riflettere e uno specchio in cui contemplare e riconoscere le nostre di bellezze. Lavoro di introspezione mai semplice e soprattutto mai banale. Tuttavia, osservando la nostra immagine riflessa, ci siamo riscoperti illuminati dalla luce del Santissimo che ci rende sicuramente più belli.

Esperienze: La mattina seguente ha avuto inizio con le prime comunicazioni sulle esperienze estive missionarie di quest'anno in quattro luoghi differenti. All’IPM di Nisida, dove si svolgeranno laboratori e attività per tutti i ragazzi accolti, nell'oratorio delle FMA a Torre Annunziata, dove si vivranno momenti di gioco e condivisione con i bambini e i ragazzi del quartiere, in una scuola di animazione in una parrocchia vicino Scutari, in Albania, e in ultimo, l’esperienza in Egitto, nell'opera del Cairo Zeitun, in cui offriremo il nostro sostegno ai rifugiati del sud Sudan accolti dall'opera. In tutti questi luoghi, oltre alle attività "semplici" di accoglienza e gioco, avremo la possibilità di immergerci in culture e contesti complessi, cercando quella luce che solo il Santissimo può donarci, attraverso lo sguardo dell’altro, per riscoprirci belli e amati ai suoi occhi ogni giorno.
A seguire, abbiamo fatto esperienza di vita consacrata al Signore attraverso le testimonianze di Suor Carolina Boccia e don Antonio Carbone. È stato commovente ascoltare le loro storie, in cui il Signore è stato sempre presente, e ciò ha dato avvio a tante riflessioni tra noi partecipanti.

Ferite: Don Giuseppe ci ha interrogato sui momenti in cui abbiamo subito ferite nel corso della nostra vita. Se, come i ragazzi dell'IPM, abbiamo vissuto situazioni così dolorose da lasciare un segno indelebile dentro di noi. Tuttavia, una domanda cruciale si è fatta strada: "Dopo essere stati feriti, ci arrendiamo al dolore o cerchiamo qualcuno che possa guarirci e condurci verso la libertà?" In fin dei conti, anche i discepoli hanno attraversato questo stesso dilemma, quando hanno accettato la Parola del Signore e sono rimasti avvolti dal Suo Amore. Noi non siamo privi delle risorse necessarie per guarire dalle nostre ferite e perseverare nella luce della Sua Parola.

Condivisione: quel momento conclusivo di un’esperienza profonda, in cui finalmente ci apriamo e lasciamo fluire tutte le emozioni e le sensazioni vissute e provate fino ad ora. Un'opportunità per comprendere più profondamente noi stessi e per liberarci dei pesi che portiamo, insieme a qualcuno che forse condivide i nostri stessi carichi e può solo aiutarci a riconoscere il Signore nella nostra vita.

Sonia Parigi