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Di-speranza in-speranza
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Varcare la Porta Santa per convertire la di-speranza in speranza. Questo è stato il tema nonché il cammino fatto durante l’incontro nazionale dei tirocinanti che si è svolto a Roma dal 6 al 9 febbraio. Ben 35 salesiani tirocinanti provenienti da tutte le ispettorie italiane, accompagnati dai vicari e da don Giampaolo Roma, ispettore delegato per la formazione, si sono incontrati per riflettere sul tema della speranza nel contesto del tirocinio, una fase della formazione in cui il salesiano si confronta più da vicino con la missione salesiana in un’esperienza educativa pastorale che lo vede impegnato a tempo pieno in un oratorio, in una scuola o in un CFP.
Dopo una serata iniziale di fraternità e di conoscenza, la prima giornata ci ha visto peregrinare per 15 km, facendo tappa nelle tre basiliche salesiane: la Basilica di san Giovanni Bosco, quella di santa Maria Ausiliatrice, la Basilica del Sacro Cuore di Gesù, attuale casa generalizia della Congregazione, fino ad arrivare sulla soglia della Porta Santa della Basilica di san Pietro. Queste tappe, intervallate da momenti di condivisione, sono state caratterizzate dalla visita guidata alle basiliche e soprattutto dalle testimonianze di alcuni di noi sulle forme di di-speranze che come salesiani tirocinanti incontriamo nella nostra vita, nei giovani con cui quotidianamente stiamo e nella vita di consacrati che da qualche anno stiamo sperimentando. Questo pellegrinaggio si è concluso con il passaggio della Porta Santa e la celebrazione eucaristica nella cappella di san Pellegrino in Vaticano, cappella della gendarmeria vaticana.
Dopo aver attraversato la Porta Santa, nella seconda giornata abbiamo potuto convertire le forme di di-speranza in speranze ascoltando tre testimonianze che sono servite da pro-vocazioni. La prima testimonianza è stata quella di don Jimmy, incaricato dell’oratorio di Valdocco, che ha ritrovato la speranza nel tornare sui passi della sua famiglia in Ghana dopo essere fuggito a causa della guerra all’età di otto anni. A seguire c’è stata la testimonianza di Alessandro, un laico impegnato nel settore dell’emarginazione e disagio in particolare nel Borgo Ragazzi Don Bosco che ci ha raccontato di alcuni segni di speranza che coglie nei giovani con cui quotidianamente lavora. Infine c’è stata la testimonianza di suor Ilaria, Figlia di Maria Ausiliatrice, direttrice della comunità FMA che a Macerata condivide la missione con gli SDB, la quale ci ha consegnato tre profezie sulla vita consacrata: la profezia di speranza come DNA del carisma salesiano, la profezia della fatica da non fuggire perché luogo di speranza e la profezia della condivisione, della corresponsabilità e della comunione con i consacrati e con i laici.
L’ultima mattinata insieme ci ha permesso di alimentare la lampada dell’incontro con il Signore nella comunità di post-noviziato di san Tarcisio dove, nel silenzio, abbiamo potuto far decantare tutto quanto vissuto nei giorni precedenti e ringraziare il Signore nella celebrazione eucaristica presieduta da don Pascual Chavez.
Questi giorni, ricchi di testimonianze e di tanti tempi di condivisione, ci hanno permesso di riconoscere come tra salesiani tirocinanti non solo ci accomunano le piccole forme di di-speranza ma anche la grande speranza che ci attende e che riempie tutta la nostra vita così come ha riempito tutta la vita di don Bosco. “Nei trentacinque anni che io vissi al suo fianco, afferma Mons. Giovanni Cagliero, non vidi mai in lui un atto di diffidenza, non udii mai l’espressione di un timore o dubbio, non lo vidi mai agitato da alcuna inquietudine. Parlava del Paradiso con tanta vivacità, gusto ed effusione di cuore, da innamorare chiunque udivalo, ed era evidente che la speranza dei beni celesti bandiva da lui il timore della morte”.
Claudio De Benedittis