I nostri partner e noi utilizziamo i cookie sul nostro sito Web per personalizzare contenuti e pubblicità, fornire funzionalità ai social network o analizzare il nostro traffico. Cliccando acconsenti all'uso di questa tecnologia sul nostro sito web. Puoi cambiare idea e personalizzare il tuo consenso ogni volta che vuoi tornando a questo sito web. Può gestire le impostazioni relative ai cookie, cliccando su 'Gestisci cookie'.
«Va’ e anche tu fa’ così»
«Va’ e anche tu fa’ così» (Lc 10,37).
Beh, forse i 220 giovani che hanno partecipato alla scorsa Festa Giovani & Harambee a Salerno il 4-5 giugno avranno un po’ sospirato e arricciato il naso leggendo questo versetto di Luca come titolo alla veglia serale: un altro comando da seguire e un altro che mi vuole comandare… E, per dirla tutta, poco importa se a parlare era un certo Gesù di Nazareth: era pur sempre un comando. Poco importa se Gesù aveva solo risposto ad una domanda che gli era stata fatta: era pur sempre un comando. Poco importa se a quel comando ci era già arrivato colui che gli aveva fatto la domanda: era pur sempre un comando.
Perché, in fondo, di obbedire a dei comandi nessuno di noi ne ha mai granché voglia.
Sia se sei un animatore impegnato in un ambiente salesiano, votato al servizio dei più piccoli, come parte dei giovani che hanno partecipato alla Festa. Sia se, come l’altra buona parte dei partecipanti alla Festa, sei un giovane che da un paio di settimane hai iniziato il Servizio Civile in una casa salesiana del nostro territorio del Sud Italia e che, in un modo o nell’altro, dovrà fare i conti con l’obbedienza lungo tutto l’anno. Sia, forse, se sei un religioso SDB o una religiosa FMA, che ne ha fatto addirittura voto.
Eppure, nonostante tutte le nostre più vere e sbandierate esigenze di libertà e autonomia, quel «Va’ e anche tu fa’ così» continua a cavalcare i secoli, fino a noi. E continua ad affascinare giovani. Forse anche i nostri della Festa.
Perché?
Il titolo della veglia di preghiera – il “comando” tanto incriminato! – è la frase conclusiva dell’incontro di Gesù con un dottore della legge – uno che le cose le sapeva! – al quale racconta la Parabola del Buon Samaritano (Lc 10,25-37). Una parabola molto conosciuta e che Papa Francesco ha offerto come cuore della sua ultima enciclica Fratelli tutti, approfondita con i giovani durante la Festa.
Ebbene, perché affascina ancora questo racconto dopo duemila anni? Forse perché ci tira fuori dal caos del “mercato delle povertà” nel quale un po’ tutti viviamo, dove in fondo io-scelgo-il-povero-da-aiutare, se possibile tra un esame e una partita di calcetto: tu sì, tu no, ora no, dopo sì… Il Samaritano era in viaggio, forse aveva una sua tabella di marcia, dei tempi calcolati per arrivare puntuale, forse un’urgenza. Eppure si ferma. Il Samaritano forse faceva già tanto bene nella sua città. Eppure si ferma. Il Samaritano si china su un giudeo, un nemico, uno sconosciuto che forse poteva essere un poco di buono lasciato lì in una resa di conti. Eppure si ferma.
Il Samaritano ci affascina perché semplicemente è colui che è lì dove deve essere, a fare quello che deve fare: prossimo di quel giudeo mezzo morto, figlio di quei genitori anziani, animatore di quei ragazzi, a servizio di quei poveri, e così via. Per dirla con due paroloni: vocazione e missione. Tutto il resto, beh, è un po’ mercato, una ricerca dell’offerta migliore, anche perché generalmente accompagnata da vari tipi di… sconti.
E poi un secondo aspetto. Il dottore della legge – saccente sì, eppure… – giunge lui stesso a riconoscere che prossimo del giudeo percosso era stato colui che aveva avuto compassione di lui. Sì, avere compassione, cioè essere un po’ più umani, divinamente umani. Essere un po’ più realmente se stessi, così come pensati dal Creatore. Come Gesù. Una fiammella che dà vita ad un cielo stellato, che allarga il cuore verso ogni persona oltre ogni limite. Che dopo la lacrima e il cuore afflitto fa prudere le mani di carità operosa.
Ed è solo ora che arriva il comando «Va’ e anche tu fa’ così». Un comando che in fondo desidereremmo che gli altri seguissero sempre quando siamo noi quel giudeo mezzo morto che cerca qualcuno che lo soccorra, che lo ascolti, che lo sproni, che lo incoraggi. Che cerca uno che gli si faccia prossimo.
Un comando che forse, timidamente, tanti giovani già stanno vivendo nel loro quotidiano.
E allora, onestamente, non vale la pena obbedire al Signore per essere un po’ più umani?
don Giuseppe Spicciariello, Incaricato AV/AM