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Calabria, Scuola di Mondialità
Il secondo incontro della scuola di mondialità regionale in Calabria, si svolge sabato 19 Gennaio a Gioiosa Marina. Nell’ufficio di via Montezemolo ci accoglie Marcella Pisano, socia della Cooperativa sociale di servizi “La nostra Terra”, e ci introduciamo alla tematica odierna con un momento di preghiera e riflessione, ricordando la figura del beato Arberto Marvelli, un uomo che, con la sua vita, ha rappresentato un esempio di santità. Quella santità che, come ci ricorda la Strenna di quest’anno, può e deve essere accessibile a tutti. Come? Semplicemente aggiungendo alla nostra quotidianità un ingrediente fondamentale: l’amore.
Nell’interessante incontro con Marcella, scopriamo a poco a poco le varie attività di cui si occupa la cooperativa intorno alla quale ruotano una serie di collaboratori, specializzati nel servizio delle cure domiciliari attraverso l’erogazione di diverse prestazioni medico-sanitarie e avendo come vocazione quello dell’aiuto alla persona. Da subito ci scontriamo con le problematiche sempre attuali che affliggono il nostro territorio, dove troppo spesso manca la soddisfazione dei bisogni primari, accompagnata da una forte carenza delle istituzioni in questo: inefficienze burocratiche e amministrative portano i cittadini, soprattutto quelli più svantaggiati, a percepire una sorta di distanza tra sé e le istituzioni, che li allontana da quello che invece dovrebbe essere un loro diritto, il diritto alla salute in primis.
Tra i molteplici casi con cui Marcella e i suoi colleghi si scontrano ogni giorno, sono sempre più frequenti situazioni in cui non soltanto il paziente, ma anche tutta la cerchia dei familiari che insieme a lui combattono e soffrono, si sentono soli e abbandonati. Ecco come la cura alla persona assume un’altra accezione, che non sostituisce ma completa la prestazione medico-sanitaria e che, passando attraverso un intreccio di relazioni amorevoli e di attenzione alla persona, arriva all’animo umano. Nella visione della cooperativa, un aspetto non può esistere senza l’altro ed è in questo legame inscindibile che riscontriamo quella nota di santità che può nascere dalle piccole cose del quotidiano: la vediamo quando Marcella ci racconta della volontà, pur non essendo operatori sanitari, di rendersi presente, insieme ai suoi colleghi, con il paziente e la sua famiglia, non volendo essere identificati solo come un “ufficio”, un luogo astratto, ma come persone capaci di dare attenzione, creare legami, un contatto umano, fino a diventare un riferimento; la riconosciamo quando immaginiamo la gioia del paziente e dei suoi familiari quando alla sera attendono l’arrivo dell’operatore, proprio quello che è stato scelto con premura come più adatto a loro; e, ancora, la vediamo quando Marcella ci confessa che nonostante non ci sia bisogno di altri pazienti, in presenza di un nuovo caso, non si aggrappano alla logica “lo farà qualcun altro per me”, non si tirano indietro. Ed è per lo stesso motivo che il concorrente, paradossalmente, viene visto come una presenza gradita grazie alla quale poter soddisfare un maggior numero di pazienti. La riconosciamo, infine, nel sorriso di Marcella quando ci racconta dei piccoli gesti di gratitudine dei pazienti che nascono dalla reale percezione che qualcuno si sia interessato a loro, senza in realtà aver fatto nulla di straordinario.
Non si va alla ricerca di qualcosa di eccezionale, ma si cerca semplicemente di fare bene quello che si è chiamati a fare, a fiorire dove si è stati seminati; lontani dal timore di dare, di “sprecare” energie, poiché queste saranno inesauribili se spinte dall’amore, dal riconoscere l’altro come mio fratello e come tale bisognoso di cura e attenzione. La presenza di questa realtà sul territorio ci consente di rispondere in modo positivo alla domanda se sia possibile fare del proprio lavoro una missione, poiché rappresenta una testimonianza di chi ogni giorno, silenziosamente, si impegna per rendere la nostra terra un posto migliore.
Adele