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L'amorevolezza delle educatrici
Mamma Margherita per don Bosco è stata un riferimento certo nei periodi bui e quando c'era bisogno di crederci di più, con il suo approccio materno, il calore familiare, l’attenzione alle buone maniere dei ragazzi. L’amorevolezza era la caratteristica che la contraddistingueva, e che ha determinato lo spirito giusto del primo oratorio, un sentimento educativo che si respira ancora oggi al Sud grazie all'impegno di tante educatrici laiche a coordinamento di attività rilevanti per la nostra ispettoria: sono donne operose, “mamme" per tanti giovani, punti di riferimento nella conduzione di Case Salesiane, Scuole, Case Famiglia e cortili.
Alla loro testimonianza di amorevolezza abbiamo dato voce, in occasione della memoria liturgica di Mamma Margherita del 25 Novembre, cominciando da Betty Morvillo, docente dell’“Istituto Salesiano Sacro Cuore”di Napoli-Vomero e coordinatrice della Consulta Ispettoriale delle scuole:
“Dio mi ha consegnato un sogno da custodire e curare "Vivere la scuola salesiana per tutta la vita". Incontro tante anime giovani, tutti i giorni, per tante ore e vivo con loro le giornate di sole e quelle in tempesta. Troppi ragazzi compiono azioni "straordinarie" solo per il piacere di sentire adrenalina nelle arterie o per anestetizzare azioni egoistiche di adulti.
Nella mia memoria emotiva scorrono nomi e volti che mi riportano ad ogni tipo di povertà e nella mia povertà spesso chiedo risposte a Dio. Ho imparato la preghiera dedicata e personalizzata, ogni sera affido un giovane a Maria e il giorno dopo il mio cuore è più “leggero”.
Spesso non basta avere il desiderio di fare del bene bisogna educarsi agli sguardi ironici, indifferenti e infastiditi. Ho imparato a riconoscerli "questi qua", sono sguardi di cuori tormentati ma dolci che vogliono verificare la tua coerenza, il tuo equilibrio, la tua autenticità, ti sottopongono ad una specie di test, solo se lo superi si concedono.
Ai ragazzi manca l'ordinario: L'ASCOLTO, L'ABBRACCIO, LA CURA. Semplicemente questo chiedono. Spesso hanno bisogno di ritrovare la rotta e chiedono di percorrere un tratto di strada assieme ma poi vogliono la libertà di andare via. Ringrazio Dio per tutte le volte che mi sostiene, a non scoraggiarmi dinanzi alle situazioni complesse, ad andare oltre, a vedere l'invisibile. (Betty Morvillo)
A seguire, scopriamo insieme l’esperienza amorevole di Cira Scognamiglio, educatrice della Comunità famiglia “Mamma Matilde”:
"...E lei divenne madre di tutti".
Sono Cira e svolgo il mio servizio di educatrice presso la Comunità-alloggio "Mamma Matilde" di Torre Annunziata. Ebbene si, anche qui c'è di mezzo una mamma che, anche se non è salita agli onori degli altari, ha dato tutta se stessa e la sua vita per la salvezza dei suoi figli.
L'Amorevolezza che viene dal cuore è la mia #compagna di viaggio. Se non c'è amore non c'è educazione. È vero, a fatica, senza nessuna presunzione, cerco di tirare fuori dai ragazzi con cui entro in relazione il meglio di loro. Non guardo ciò che erano ma ciò che da quel momento potranno essere. Faccio memoria delle mie fragilità e con il cuore e la ragione cammino con loro. Non è facile, la sofferenza diventa spesso tua compagna di viaggio, perché quando lavori con quell'amorevolezza che ti porta a Dio, l'inquietudine e il desiderio di fare di più ti portano a vedere oltre.
L'Amorevolezza mi aiuta anche quando ci sono ragazzi che non riescono a far penetrare nella loro vita l'azzurro del cielo. Il grigiore li imbruttisce. Mi impegno giornalmente a starli accanto, sostenerli e ascoltare le amarezze che li tormentano. L'attenzione alle piccole cose, che possono essere banali, aiuta a creare una dimensione che profumi di casa, di famiglia. Motivarli a dare di più, a pretendere di più da loro stessi.
Penso che sia questa la Cura di cui hanno bisogno. Non sono più "pezzi di carne" messi li in un angolo, ma esseri umani capaci di amare e di vivere con ottimismo la loro vita. (Cira Scognamiglio)
L’approccio materno e quel sentimento profondo di cura, lo ritroviamo inoltre anche nel vissuto di Maria Prato, giovane coordinatrice delle attività dell’oratorio di Napoli Don Bosco:
"Accompagnare" è uno dei verbi della mia quotidianità.
Sono Maria, ho 29 anni e ogni giorno ho la fortuna di accogliere tanti bambini e ragazzi nell’oratorio del "Don Bosco" di Napoli. Sono quella che li accoglie da prima che arrivino, la prima persona che incontrano. Le mie giornate sono abitate da tante relazioni, iniziano con le telefonate delle mamme o delle persone che come me accompagnano.
"Accompagnare" è uno dei verbi della mia quotidianità. Lo faccio da donna a tante mamme, spesso fragili e poco consapevoli dell’importanza di "esserci" come figure materne. Incontro tanti figli -"genitori" delle loro madri, bambini alla ricerca dell’abbraccio, del rimprovero, dell’ascolto e dell’essere percepiti figli desiderati. Lo vedo nella corsa dei bambini del Centro Diurno, arrivano correndo, con il peso di quella giornata scolastica che desiderano raccontare a una mamma. Si fiondano tra le braccia, ti chiedono di ascoltarli, pretendono domande di cura.
Le nostre sono relazioni così intense da riuscire a scambiarci informazioni anche solo con uno sguardo. È questo il momento di dire "mi sono presa cura di te, anche quando non c’eri": chiamando a scuola, iniziando un percorso o provando ad alleggerire la vita già troppo pesante del ragazzo. Mi prendo cura credendo che Dio non è estraneo ai miei incontri quotidiani, come lo ricorda Mamma Margherita a Don Bosco in quella piovosa sera di maggio, quando alla porta bussò un giovanotto inzuppato.
Spesso sono la più dura e rigida di tutti, nel binomio di regole e abbracci. I ragazzi sono più profondi di noi adulti, capiscono che le cose sono fatte con AMORE, anche se qualche volta ci arrabbiamo o spieghiamo dei "No". Rappresento un’immagine di Donna lontana dalla loro normalità, la difendo sperando che sia per alcune un'ispirazione e per alcuni un volto familiare di Donna da rispettare. La quotidianità non finisce nel calore dell’abbraccio o nel giubbino donato nei pomeriggi freddi in cortile, si tinge di una cura costante con il cuore di una donna che ha sempre posto per storie e vite da accompagnare. (Maria Prato)
In ultimo leggiamo la riflessione di Giovanna Coccioli, responsabile laica dell’oratorio salesiano di Corigliano d’Otranto:
“Come donna come posso essere, oggi, accanto a Don Bosco nel condurre un’opera affidata ai laici?
Mamma Margherita è stata accanto a don Bosco sempre, fino a quando il Signore glielo ha concesso. Attenta ai bisogni dei ragazzi e al tempo stesso attenta a quel figlio che non si risparmiava per niente e al quale continuava a dare consigli. Grande esempio di fede espressa nel servizio umile, silenzioso e quotidiano.
Su questo esempio di amorevolezza, io Giovanna, laica alla guida della Casa salesiana di Corigliano d’Otranto, come posso imitarla?
Semplicemente con lo stesso atteggiamento: in continuo #ascolto per potersi prendere cura. Ascolto dei bisogni urlati o inespressi dei ragazzi, ascolto dei timidi e confusi sogni dei giovani, ascolto dei suggerimenti dei collaboratori, ascolto delle critiche positive e negative e degli stati d’animo che le generano, con il coraggio di prendere posizione o l’onestà di saper cambiare direzione, ascolto di chi insieme a me condivide la missione nel servizio ai giovani, ascolto del territorio. Ascolto degli SDB che si avvicendano nell’accompagnamento.
Ascolto ai piedi di quel Tabernacolo da cui a volte arrivano #risposte ed #intuizioni inattese ed il coraggio di metterle in pratica e a volte invece solo un silenzio assordante che avvolge le mie domande. E lì che la fede si esprime più forte e se qualche volta sbaglio come mamma Margherita, quando invece di tre sacchi di castagne da cuocere ne preparò tante di meno, so che Gesù, per intercessione della nostra Ausiliatrice e di don Bosco sorriderà di tenerezza per la mia piccolezza e riparerà l’errore sorprendendomi con la Sua grazia. (Giovanna Coccioli)
Donne amorevoli e accoglienti, ma anche donne forti, determinate, consapevoli dell’importanza del proprio ruolo, della propria presenza in mezzo ai giovani, affinché come Mamma Margherita, che ha saputo forgiare il cuore di Giovannino a quella bontà che lo porterà ad essere l’amico e il padre di tutti noi giovani, anche loro diventino punti di riferimento per i giovani che incontreranno.
Insegnandogli che «l’amore non va da sé; occorre coltivare un atteggiamento interiore senza del quale l’altro si trasforma in ostile; tutto dipende dallo sguardo che ti fai nascere dentro, che traduce e alimenta la bontà che uno si porta dentro», uno sguardo, dunque, di bontà, che scaturisce dallo sguardo di fede.