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Convegno docenti a Caserta

All’Istituto salesiano “Sacro cuore di Maria” di Caserta, lunedì 9 settembre, si è svolto il Convegno delle Scuole e dei Centri di Formazione Professionale dell’Ispettoria Salesiana Meridionale, che ha riunito circa cento docenti che operano nei settori dell'istruzione e della formazione delle Case del Vomero, Napoli, Bari, Cerignola e la stessa Caserta. L’incontro ha rappresentato un’occasione di confronto collegiale sul tema delle dipendenze e delle fragilità adolescenziali, sfide con cui gli stessi docenti torneranno a misurarsi concretamente a partire da lunedì 15 settembre, al suono della prima campanella.
Ad aprire i lavori, dopo un momento di preghiera nel Santuario giubilare salesiano insieme all'Ispettore don Gianpaolo Roma, è stato l’intervento del prof.Ugo Morelli, saggista e psicologo dal titolo "Uno sguardo da oriente: autonomia e dipendenza nei percorsi adolescenziali oggi". Il professore ha evidenziato come l’educazione delle nuove generazioni richieda un approccio immersivo, che metta al centro non la disciplina in sè ma prima di tutto i valori della relazione e dell’empatia.
La giornata è proseguita con tavoli di lavoro nei quali i docenti, a rotazione, hanno analizzato casi concreti di dipendenza che spesso coinvolgono gli studenti – dal rapporto con lo smartphone alla ludopatia, fino all’ansia sociale e agli attacchi di panico. Attraverso il dialogo e il confronto, hanno riflettuto sul proprio ruolo educativo in tali situazioni, sperimentando e simulando possibili modalità di intervento. Infine, un’assemblea plenaria con il relatore ha raccolto e condiviso le risonanze emerse, consegnando ai partecipanti stimoli e strumenti per iniziare con rinnovata consapevolezza il nuovo anno scolastico.
Rendiamo disponibile il l’intervento integrale del prof. Morelli cliccando, QUI:
Accanto al video, offriamo di seguito anche una sintesi testuale dei contenuti affrontati.
"Uno sguardo da oriente: autonomia e dipendenza nei percorsi adolescenziali oggi"
- Ripensare l'Educazione: Empatia e Relazione come Pilastri per le Nuove Generazioni
In un mondo che attraversa una trasformazione profonda e rapida, i paradigmi tradizionali attraverso cui le nazioni adulte sono cresciute e si sono affermate vengono ora messi in discussione. Questa era di cambiamenti radicali richiede una rivalutazione del modo in cui comprendiamo ed educhiamo le nuove generazioni, andando oltre visioni spesso drammatiche o tragiche che dominano il discorso attuale. Un approccio innovativo, radicato nella ricerca sperimentale sul sistema cervello-mente e negli studi sul campo sullo sviluppo giovanile, suggerisce che gli educatori devono innanzitutto riconoscere il loro coinvolgimento intrinseco nelle dinamiche sociali e relazionali che plasmano bambini e adolescenti. - L'Imperativo di "Essere Parte del Sistema"
Una lezione significativa, ispirata agli insegnamenti di Edgar Morin, sottolinea che non possiamo capire un sistema pretendendo di metterci fuori. Che si tratti di un individuo, di un gruppo o di una realtà ambientale, la comprensione richiede di sentirsi parte integrante di essa. Questo principio si applica in modo critico agli educatori: non siamo osservatori esterni, ma partecipanti attivi nella vita di coloro che educhiamo, spesso complici degli esiti. Pretendere di affrontare i problemi da un "piedistallo" distaccato, come criticare i problemi di una città senza riconoscere la propria corresponsabilità, è inefficace. Allo stesso modo, giudicare il comportamento passivo di uno studente senza considerare il contesto educativo, i metodi di insegnamento o le aspettative dello studente, è un approccio errato.
Questa posizione esterna, caratteristica di alcuni sedicenti studiosi che "offendono sia i genitori che gli insegnanti", è controproducente. È perlomeno paradossale per la nostra generazione ritenere di rappresentare "l'ultimo e il migliore dei mondi possibili", specialmente quando stiamo consegnando "un mondo invivibile, un mondo distrutto" dove il legame sociale è fortemente in crisi. Invece, comprendere i giovani di oggi richiede di partire dalle "caratteristiche specifiche di coloro che abbiamo di fronte". Patologizzare comportamenti differenti, spesso visibile nell'eccessiva diagnosi di condizioni come l'ADHD nell'infanzia, ignora le trasformazioni in corso e rischia di medicalizzare variazioni normali. La tradizione educativa salesiana, fondata sulla relazione, sul gioco, sull'apertura alla differenza e sulla valorizzazione dell'"ultimo", offre un potente contromodello, enfatizzando che siamo ineluttabilmente in relazione con le realtà con cui interagiamo sempre. La sfida è comprendere questi giovani, non per negare le loro fragilità e dipendenze, ma per trovare modi concreti per affrontarle, tirando fuori le loro risorse interne per lo sviluppo. - Le basi scientifiche dell'inevitabile Relazione ed Empatia
Al centro di questa rivalutazione c'è la comprensione che per gli esseri umani, la relazione non è una scelta, e nemmeno l'empatia. Recenti ricerche neuroscientifiche e psicologiche, dettagliate in opere come "Cosa significa essere umani?" e "Umani", le evidenziano come aspetti fondamentali della nostra esistenza.
Per decenni, la tradizione cognitivista ha spesso dipinto la mente come centrale e il corpo come un mero veicolo. Tuttavia, un "paradigma corporeo relazionale" rivela una verità diversa. Studi sui feti, condotti in modo non invasivo, mostrano che già a partire dalla 14ª settimana di gestazione si sviluppa un'interazione sistematica tra il feto, la madre e il mondo mediato dalla madre. Il feto condivide sensazioni ed emozioni con la madre, illustrando che "per fare una mente ce ne vogliono almeno due". Ulteriori ricerche su gemelli identici in utero dimostrano movimenti sorprendenti "carezzevoli" tra loro, suggerendo un'inclinazione innata verso l'interazione sociale e la tenerezza anche prima della nascita. Questa evidenza porta alla ridefinizione dell'"individuo" come "condividuo" – non una monade indivisibile, ma un essere intrinsecamente relazionale. La nostra esistenza si fonda su questa relazionalità inerente, che possiamo coltivare attraverso l'ascolto, la cooperazione e l'attenzione, o trascurare attraverso l'indifferenza e la negazione.
L'empatia, spesso fraintesa e usata impropriamente, è distinta dalla simpatia. Mentre la simpatia è un sentimento per qualcuno, l'empatia è un sentire con l'altro. Questa "risonanza" è regolata dalla scoperta dei neuroni specchio, sistemi neurali che ci permettono di "risuonare con gli altri". Questi neuroni ci consentono di comprendere le azioni, le intenzioni e gli stati emotivi dell'altro a livello pre-intenzionale, pre-verbale e pre-volontario, il che significa che sentiamo il loro disagio o la loro gioia in misura significativa "prima che parlino". Questa "risonanza incarnata," o "molteplicità condivisa" (shared manifold), conferma che l'empatia non è una scelta; siamo intrinsecamente coinvolti, anche se a volte facciamo grandi sforzi per mantenere l'indifferenza a causa del "costo" del coinvolgimento. - Indifferenza Sociale, Patologizzazione e il potere delle parole
La società contemporanea impiega spesso strategie di indifferenza, negazione e distanza, in particolare all'interno delle istituzioni educative, portando a esiti problematici come strategie di controllo e "selezione" (nel senso di scartare). Il linguaggio che usiamo riflette questo, come esemplificato da politici che si riferiscono alle persone come "carico residuo". Un tale approccio è simile a ciò che Freud chiamava "accanimento terapeutico e accanimento pedagogico", che non dà frutti. Invece, gli educatori devono sviluppare la capacità di affrontare, piuttosto che soccombere a, le sfide. L'apprendimento, per esempio, è un "processo continuo di efficace gestione del confronto", non una mera concessione o gradevolezza.
Gli "strumenti" fondamentali per affrontare le sfide educative contemporanee sono relazione ed empatia, insieme alla "cooperazione interpretativa" con i giovani. Non possiamo cambiare le cose a distanza, rimanendo noi stessi immutati e aspettandoci che l'altro si adatti.
È necessaria una rivalutazione cruciale per termini come "vulnerabilità". Storicamente visto come un segno di debolezza, la sua etimologia (da vulnus, l'incavo del ventre materno) rivela che è uno stato fondamentale di "raggiungibilità" – essere porosi e aperti all'alterità. Al contrario, l'"aggressività", un tempo un insulto, è ora spesso vista come un tratto desiderabile, anche per oggetti come gli occhiali. Questo spostamento riflette le pressioni sociali sui giovani, che sono sovraccaricati di "mete irraggiungibili" legate all'immagine corporea, alla performance e al successo, in gran parte costruite e perpetuate dagli adulti. Inoltre, gli adulti spesso non riescono a dotare le giovani menti della capacità di navigare criticamente nella tecnologia, ricorrendo invece a divieti piuttosto che all'educazione. Questa "trappola mentale del concedere o negare" semplifica problemi complessi, mentre, come notava Umberto Eco, "per ogni problema complesso esiste una soluzione semplice, ed è sbagliata". - Ripensare la dipendenza e la natura dell'apprendimento
Anche il termine "dipendenza" richiede una comprensione sfumata. Non è intrinsecamente negativo; siamo tutti dipendenti in vari modi (ad esempio, dal caffè, o dal nostro pubblico come educatori). Le "professioni impossibili" di governare, educare e curare, come identificate da Freud, possono essere svolte efficacemente solo all'interno di un'interazione dinamica tra autonomia e dipendenza. Un educatore, per esempio, è dipendente dall'attenzione e dall'impegno dei suoi studenti. L'obiettivo è comprendere la dipendenza problematica, non demonizzarla, riconoscendone le radici nel comportamento umano.
Infine, la nostra comprensione di come impariamo deve essere radicalmente aggiornata. La ricerca scientifica, in particolare quella del premio Nobel Gerald Edelman, ha falsificato l'idea che l'apprendimento sia solo trasmissione di informazioni o controllo degli esiti. Come il sistema immunitario, che si adatta alle minacce piuttosto che avere un esercito preesistente, il cervello funziona dinamicamente. La mente non è solo nella testa; è incarnata (embodied), situata (embedded), estesa (extended), emanata (enacted) ed emergente (emergent). Ciò significa che la mente emerge in relazione con gli altri e il suo ambiente. Pertanto, la motivazione, l'attenzione e la volontà di imparare nei nostri studenti emergono nella contingenza relazionale delle nostre aule, non come condizioni preesistenti.
L'apprendimento non è un processo di registrazione passiva. Quando riceviamo informazioni, il nostro sistema cervello-mente Seleziona, Riconosce e Assimila attivamente. Selezioniamo i segnali in entrata, spesso scartandone una gran parte, e riconosciamo nuove informazioni integrandole con ciò che già sappiamo. La vera assimilazione è una piccola percentuale di ciò che viene offerto. L'efficacia di questo processo dipende profondamente dalla componente emozionale e affettiva nella relazione e dal sentirsi "parte del sistema". La potente performance di un attore può commuoverci fino alle lacrime, anche se sappiamo che è finzione, dimostrando la profonda capacità di coinvolgimento emotivo quando le condizioni sono giuste. - Conclusione: l'Autentica missione dell'educatore
Alla luce di queste intuizioni, gli educatori devono andare oltre semplici "cassette degli attrezzi" e "ricette fredde" che offrono false soluzioni. Devono rifiutare narrazioni allarmistiche che demonizzano i giovani. Invece, la vera essenza dell'educazione sta nel riconoscere il suo valore profondo: essere presenti, "risuonare" con i giovani e facilitare la crescita attraverso l'impegno relazionale ed empatico. Sebbene la conoscenza disciplinare sia essenziale e debba essere costantemente aggiornata, il nucleo della nostra professione, e la sua efficacia ultima, risiede nella "modalità relazionale ed empatica con cui favoriamo selezione, riconoscimento e rientro". Creando ambienti propizi a una connessione e una crescita autentiche, gli educatori adempiono al loro ruolo più bello e vitale.