I nostri partner e noi utilizziamo i cookie sul nostro sito Web per personalizzare contenuti e pubblicità, fornire funzionalità ai social network o analizzare il nostro traffico. Cliccando acconsenti all'uso di questa tecnologia sul nostro sito web. Puoi cambiare idea e personalizzare il tuo consenso ogni volta che vuoi tornando a questo sito web. Può gestire le impostazioni relative ai cookie, cliccando su 'Gestisci cookie'.
BEATO MICHELE RUA
Il 29 ottobre, nel giorno della sua beatificazione, la Famiglia Salesiana ricorda Michele Rua. Primo successore di don Bosco, al quale è intitolata la nostra ispettoria meridionale.
“Michelino”, così lo chiamava don Bosco.
Un fanciullo pallido. Otto anni e una larga fascia nera al braccio sinistro. Da due mesi gli è morto il papà. Don Bosco, che ha distribuito medaglie a tutti gli altri ragazzi, e ora ha le mani vuote, gli fa cenno di avvicinarsi: “Prendi, Michelino, prendi”. Prendere che cosa? Don Bosco non gli dà niente. Soltanto tende la mano sinistra, e con la destra fa finta di tagliarla in due. Il fanciullo alza gli occhi interrogativi. Don Bosco gli dice: “Noi due faremo tutto a metà”. Dal giorno della «mano tagliata» Michelino frequenta l’Oratorio di don Bosco, e gli diviene amico. Qualche anno dopo, nel cortile dei Fratelli delle Scuola Cristiane, don Bosco e Michelino si parlarono a lungo e Michelino rimase a studiare con don Bosco.
Il 25 marzo 1855, nella povera camera di don Bosco si svolge una cerimonia senza solennità. Don Bosco, in piedi, ascolta. Michele Rua, in ginocchio davanti al Crocifisso, mormora alcune frasi: «Faccio voto di povertà, castità e ubbidienza nelle sue mani, don Bosco…». Non ce nessun testimone. Eppure in quel momento nasce la Congregazione Salesiana: don Bosco è il fondatore, Michele Rua è il primo Salesiano.
Un giorno don Bosco conduce un signore fiorentino a visitare l’Oratorio, e lo fa salire nella piccola soffitta del chierico Rua. La cameretta ha un lettuccio, un tavolo spoglio di tutto fuorché di un calamaio e poi, quasi rasente al suolo, sopra un’assicella posata su quattro mattoni, una scansia di libretti e quaderni. Quest’ordine, in tanta vera povertà, commuove quel signore.
Alla sera, prima di tornare in albergo, vuole conoscere personalmente l’inquilino di quella stanzetta per congratularsi con lui. Dice poi a don Bosco: “Che bell’anima deve avere questo chierico, che sa conservare tanta dignità in tanta povertà.”
29 dicembre 1887. Al termine di una giornata in cui sembrava che la morte volesse portarselo via, don Bosco fa chiamare don Rua e monsignor Cagliero. Li prende per mano, e dice adagio: “Vogliatevi bene come fratelli. Amatevi, aiutatevi e sopportatevi a vicenda come fratelli. L’aiuto di Dio e di Maria Ausiliatrice non vi mancherà…Promettetemi di amarvi come fratelli.”
Don Bosco muore all’alba del 31 gennaio 1888. In quelle prime ore in cui i Salesiani si sentono organi, don Rua viene a inginocchiarsi presso la salma di don Bosco, e rimane in ginocchio più di due ore. Dice e ridice al padre dell’anima sua: «Aiutami ad essere te». E lo fu veramente!
Guardando all’esperienza spirituale di don Rua, siamo attratti certamente dalla sua vita. Don Rua era un esempio nell’osservanza. Era la «Regola vivente». Cioè viveva. La vita era la dimostrazione della sua più profonda capacità di imitare il modello: Gesù Cristo e don Bosco.
Ecco allora anche per noi l’insegnamento: vivere! Basta con le parole e i ragionamenti. Vivi!
È quanto ci chiede anche il Vangelo, non ragionamenti e riflessioni ma amore. Una vita vissuta per gli altri e per amore.
Interceda per noi don Rua. Buona Festa!
Con affetto,
Vostro don Angelo, Ispettore